PIANI SOCIALI DI ZONA 2021-23, RIFLESSIONI AD “ALTA VOCE” DELLO SPI CGIL ROMASUD-POMEZIA-CASTELLI

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Il 30 aprile ultimo scorso scadeva il termine per la presentazione dei Piani sociali di Zona (Psdz). La Regione Lazio ha deciso una proroga per dare a tutti “ulteriore tempo” per traguardare gli evidenti ritardi che i distretti socio sanitari e, per la loro parte, le amministrazioni comunali avevano evidenziato. Lo SPI CGIL di Roma Sud Pomezia Castelli, insieme alla delegazione CGIL della Camera del lavoro, ha preso parte a tutti i tavoli tematici (quelli che sono stati aperti) ed incontri convocati dai Distretti del territorio per la formulazione dei Piani Sociali di Zona del prossimo triennio (2021-2023).  Da questa esperienza sono emerse delle criticità che ci sembra opportuno e utile sottolineare, a beneficio dell’avanzamento delle attività di costruzione del nuovo Psdz. Il processo di concertazione e confronto con le parti sociali è stato – spesso- difficile, se non addirittura impossibile. Ciò non ci può lasciare indifferenti proprio perché siamo pienamente consapevoli dell’importanza che rivestono i Psdz per la popolazione interessata, in particolare per gli anziani e le anziane. Naturalmente abbiamo riscontrato anche importanti differenze tra i distretti sociosanitari e anche alcune eccellenze (rare) nell’attenzione per la elaborazione dei piani di zona e alla qualità delle relazioni sindacali.  La quantità e la qualità (impossibile da sostenere adeguatamente in assenza di buone relazioni sindacali) degli stanziamenti delle risorse che impattano sulla carne viva delle persone più fragili e bisognose dell’assistenza sociosanitaria e di un sistema territoriale efficiente sono la ragione stessa del Psdz. Una situazione tanto più indispensabile oggi, vista la specificità di un periodo così drammatico e particolare che, dopo il devastante impatto in termini sociali, sanitari ed economici provocato dal COVID, richiede più che mai una programmazione che tenga conto dei bisogni del territorio e che non sia una mera fotocopia dei piani precedenti. Servirebbe, anche, una capacità di interpretare (che non abbiamo riscontrato) l’onda di rinnovamento auspicata e promessa dal PNRR declinandola a livello territoriale, fin da ora, mantenendo alta l’attenzione sui benefici e gli indirizzi della missione e sugli obiettivi fissati di rafforzare le strutture e i servizi sanitari di prossimità e i servizi domiciliari. A ben guardare dovremmo già cominciare a fare scelte politiche a riguardo, enfatizzando e sostenendo gli aspetti del PNRR che guardano al ruolo del pubblico e dello Stato ed a predisporci per una opposizione attiva alle interpretazioni che vedono un rilancio del mercato liberista nella sanità. Se una cosa è stata evidenziata dal dramma pandemico è il clamoroso fallimento della sanità privata.

Abbiamo bisogno di una svolta. Pensiamo alla prefigurazione di nuove “case di comunità” (case della salute) e nuove strutture di presidio sanitario tra loro collegate (anche telematicamente) a copertura di ogni singolo Paese e territorio. Insomma, una rete per una vera sanità di prossimità. Non dovrebbero esserci pezzi di territorio dove la sanità pubblica non arriva, dove le persone fragili vengono lasciate al loro destino.

Il primo punto che merita una attenzione critica è quello della metodologia e della tempistica. La maggior parte dei Distretti hanno convocato le parti sociali ed il terzo settore a ridosso del termine di scadenza dei Psdz e solitamente ci si è limitati ad un solo ed unico incontro. Questo metodo non è soltanto poco rispettoso del sindacato e degli altri soggetti coinvolti, ma è soprattutto inefficace e inficia, mettendola in discussione, l’utilità dei tavoli tematici che dovrebbero essere momenti di partecipazione attiva, di confronto continuativo in “progress” per la raccolta e l’analisi degli effettivi bisogni della popolazione. I “tavoli” sono i luoghi privilegiati per la rilevazione dei bisogni e nel contempo sono lo strumento che consente l’emersione di nuove necessità sociali. La pratica deleteria del “copia e incolla”, fortunatamente praticata solo da alcuni distretti, ci sentiamo di censurarla con decisione.

La seconda questione che ci preme evidenziare è la condizione di precarietà contrattuale e lavorativa – più o meno – generalizzata del personale degli “uffici di piano”, ivi incluse le assistenti e gli assistenti sociali. La mancata costituzione dei Consorzi per la gestione dei servizi sociali distrettuali, così come previsto e ribadito dalla Regione Lazio nella deliberazione n.1062 del 30/12/2020 pensiamo sia una delle cause principali. La creazione dei Consorzi ha infatti il fine di garantire il potenziamento dell’azione di ogni Ufficio di Piano, la realizzazione di un sistema integrato ed armonico di interventi e servizi. La questione occupazionale è centrale per una effettiva, stabile, capacità di erogazione dei servizi.

Il nostro ruolo di Sindacato dei pensionati ci consegna il dovere di rappresentare i bisogni degli anziani, le loro idee e desideri in un processo attivo di partecipazione. Per questo motivo ci mettiamo a disposizione offrendo la nostra conoscenza e presenza nel territorio. In questa fase durante gli incontri, quelli convocati dai “coordinatori di piano”, abbiamo avanzato le nostre idee e proposte tutte tese alla tutela e alla promozione del benessere della popolazione anziana. Proposte di implementazione del sostegno alle situazioni di maggiore fragilità, in particolare per la non autosufficienza. Si chiede un rafforzamento dei servizi socio sanitari territoriali, l’apertura dei PUA, la riduzione delle liste di attesa ed un piano straordinario di investimenti per l’assistenza domiciliare integrata con aiuti straordinari per gli anziani non autosufficienti, sperimentando avanzate forme di assistenza sociale capaci di alludere ad una auspicabile legge nazionale sulla non autosufficienza.  Stiamo pensando, in modo particolare, a quei contesti familiari dove con un aiuto effettivo, che nei Psdz dovrebbe necessariamente essere previsto, si possa esercitare una potente azione di assistenza domiciliare tesa a prevenire e limitare esiti di ospedalizzazione. Parallelamente va promosso un rinnovamento dei modelli delle RSA pubbliche presenti nel territorio, attraverso maggiori fondi e controlli capillari al fine di garantire il benessere e la dignità degli ospiti di tali strutture. Superare la concezione privatistica attualmente esistente dove l’interesse economico e il profitto condizionano la qualità dei trattamenti sanitari. Si tratta di cominciare a progettare luoghi pubblici dove venga limitato decisamente l’aspetto “detentivo” del paziente e contestualmente privilegiata e praticata la socialità e la connessione emotiva con la famiglia, in continuità con la vita “lasciata”.

In conclusione, riprendendo le stesse – recenti – indicazioni dell’Assessore regionale alle politiche sociali ci aspettiamo che a livello distrettuale venga sviluppato un confronto che sia di alta qualità. Servirebbe una costante verifica e aggiornamento del confronto e degli incontri tra i soggetti sociali attivi sul territorio. Una buona pratica che sappia ben interpretare le nuove linee guida regionali e che dia vita ad un circolo virtuoso di dialogo e concertazione fra le parti, a beneficio dei territori e della popolazione impattata. Una buona pratica tesa a ridurre le diseguaglianze di trattamento sanitario che purtroppo esistono tra i vari, singoli, paesi e territori.

A supporto di questi obbiettivi, chiediamo alla “politica” e alle amministrazioni di assumere un conseguente atteggiamento responsabile e chiediamo un ancora più stringente monitoraggio e coordinamento da parte dell’Osservatorio regionale delle politiche sociali, ai sensi dell’art.63 della L.r. 11/2016, per il controllo dello stato di attuazione del piano sociale regionale e dei piani sociali di zona.

 

Sindacato Pensionati Italiani CGIL  Comprensorio Roma Sud – Pomezia – Castelli