Di questi tempi le buone notizie fanno bene all’umore. Dopo tanti mesi di angoscia, preoccupazioni e stress, stiamo gradualmente riprendendo in mano le nostre vite e con esse anche le storie belle, quelle a lieto fine, che hanno a che fare con la solidarietà, con le persone che si danno da fare e anche con un sindacato che aiuta concretamente i più deboli.
Qualche giorno fa abbiamo raccontato la storia di Franca, che a Genova aveva recuperato migliaia di euro facendosi controllare la pensione dal sindacato dei pensionati della Cgil. Stavolta siamo andati a Roma e provincia, dove abbiamo raccolto la testimonianza di tre donne, anche loro, come Franca, con pensioni basse e situazioni difficili. Dopo aver chiesto la consulenza del sindacato, hanno scoperto di poter fare richiesta all’Inps di somme di cui avevano diritto ma che non gli erano mai state versate. Si chiamano “diritti inespressi”, ovvero prestazioni assistenziali e previdenziali che sono erogate ai pensionati solo dietro apposita richiesta e delle quali quindi il titolare non può godere se non ne fa domanda oppure diritti e prestazioni che possono sorgere in un momento successivo alla liquidazione della pensione.
“Per fortuna ho chiesto allo Spi”, racconta Nadia. “Prendevo una pensione minima. Iniziai con 400 euro nel 2001 ma poi non ho avuto nessun aumento. Invece mi sarebbe spettata l’integrazione al minimo”. E ora Nadia, dopo aver fatto controllare il proprio assegno pensionistico dallo Spi, riceve 100 euro in più ogni mese e ha ottenuto anche 800 euro di arretrati. “Così riesco ad arrivare a poco più di 600 euro al mese e sono contenta perché anche 100 euro in più mi fanno comodo”. Già, soprattutto se si ha la pensione minima.
Nadia è la penultima di nove sorelle e vive da sola a Villalba di Guidonia, in provincia di Roma. Per una vita ha fatto la sarta. “Prima lavoravo per un’azienda che stava a Roma. Andavo tutti i giorni all’Esquilino. Ma mi versarono pochissimi contributi. Poi decisi di mettermi in proprio e continuai a versarli per fatti miei”, racconta. “Per fortuna mia madre e mio padre lasciarono una casa a me e una a mia sorella, che abita vicino, siamo sullo stesso pianerottolo”. Si prendono cura l’una dell’altra. “Sono sempre stata abituata a fare sacrifici”, dice. “Eravamo una famiglia numerosa quindi sempre abituati a vivere con poco ma l’integrazione al minimo mi aiuta molto in questo momento”.
Di storie come quelle di Nadia ce ne sono molte. Elena di anni ne ha 89, vive a Colleferro, una cinquantina di chilometri da Roma andando verso la Ciociaria. Dieci anni fa ha perso suo marito. Sua figlia Carla racconta che nessuno le aveva detto che per avere la pensione di reversibilità bisognava fare espressamente domanda. E così per tutti questi anni Elena non l’ha percepita. “Quando abbiamo saputo che c’era questa possibilità siamo andati dal sindacato dei pensionati della Cgil a chiedere cosa avremmo dovuto fare per avviare la pratica e dall’inizio del 2020 mia madre ha iniziato a percepire finalmente anche la reversibilità, oltre alla sua pensione da lavoro”. Peccato però che l’Inps riconosca solo una parte degli arretrati, nel caso di Elena pari a 4mila euro, e non l’intero importo. “Ecco perché è importante controllare la propria pensione per capire se ci sono prestazioni di cui si ha diritto ma di cui a volte non si conosce nemmeno l’esistenza”, ci dicono dallo Spi Cgil.
La storia di un’altra Elena, stavolta di Anzio, a nord di Roma, è analoga. Un anno fa Elena si è rivolta allo Spi Cgil di Anzio grazie a Tania, sua vicina di casa che di anni ne ha precisamente la metà e che da qualche tempo si prende cura di Elena, costretta sulla sedia a rotelle. Tania la assiste, le paga le bollette, l’aiuta in casa e l’accompagna anche a fare le visite mediche, quando serve. È Tania ad andare allo Spi a chiedere se Elena possa avere diritto a qualche aiuto. Elena vive solo con una pensione sociale e siccome non può camminare, e ha bisogno di un sostegno continuo, può chiedere un’integrazione della pensione. “E così abbiamo presentato domanda”, dice Tania, “e ha ottenuto l’indennità di accompagnamento. Non sono tanti soldi ma di sicuro ad Elena fanno comodo e in una piccola cittadina come la nostra rappresentano comunque un aiuto importante”. Ma non è finita qui. Lo Spi infatti ha aiutato Elena ad ottenere anche l’assegno al nucleo familiare in quanto vedova e invalida al cento per cento.
Ma come funziona in pratica? Sono molte le prestazioni che si possono recuperare: integrazione al trattamento minimo, maggiorazioni sociali della pensione, importo aggiuntivo dell’assegno pensionistico. Ma anche quattordicesima mensilità e assegno al nucleo familiare (per maggiori informazioni vai sul sito pensionati.it).
“È una forma di tutela attiva che il sindacato dei pensionati Cgil mette in campo su tutto il territorio nazionale”, spiega Antonio Pellegrino del Dipartimento previdenza dello Spi Cgil. “Siamo noi a contattare gli iscritti che, per le loro caratteristiche, potrebbero rientrare tra coloro che hanno diritto a prestazioni che l’Inps non gli ha ancora riconosciuto”.
“Noi abbiamo iniziato nel 2017”, ci spiega Cristina Bolzani che segue la partita previdenziale per lo Spi Cgil Roma Sud Pomezia e Castelli. “In sei-sette mesi abbiamo fatto recuperare 60mila euro. Poi siamo andati avanti. Innanzitutto contattando noi i pensionati potenzialmente interessati. Abbiamo consultato gli elenchi dei nostri iscritti suddividendoli per età e tipo di pensione e siamo andati a verificare se potessero essere titolari di prestazioni di cui avrebbero dovuto fare domanda, per esempio l’assegno familiare che spetta ai superstiti (vedove o vedovi) di una certa età che hanno anche una invalidità. E poi abbiamo li abbiamo contattati”. Un lavoro capillare che lo Spi fa su tutto il territorio nazionale e che consente a tante persone di cambiare, a volte anche in maniera significativa, la propria qualità della vita. “Le persone ci sono molto riconoscenti”.
Dopo soli due anni nel solo comprensorio di Roma Sud Pomezia Castelli lo Spi ha fatto recuperare 250mila euro. “A pochi mesi dall’inizio della nostra attività la voce si è cominciata a spargere e sono arrivati ai nostri sportelli anche tanti non iscritti”.
Ma lo Spi si è attrezzato nel Lazio, e non solo, anche con un ufficio mobile. Nel Lazio si chiama Camper dei diritti e fa il giro delle piazze con un esperto che preleva dal sito Inps l’ObisM, cioè il cedolino della pensione, e controlla l’assegno previdenziale di ciascuno per vedere se ci siano somme o prestazioni di cui si ha diritto ma che non sono state percepite fino a quel momento.
Insomma, un aiuto concreto che può migliorare la vita delle persone.